In questa breve intervista, l’accademico Emilio Franzina, presidente della Classe di Lettere e arte, spiega i motivi ispiratori della due-giorni dedicata, venerdì 11 e sabato 12 novembre, tra Vicenza e Marostica, alle migrazioni internazionali di ier e di oggi, articolandosi in un convegno, una tavola rotonda, un docufilm e una conferenza-spettacolo.
Professor Franzina, si parla di storia, ma anche di attualità…
Alla storia si è pensato di dedicare soprattutto il convegno vero e proprio, mentre il collegamento con l’attualità è stato affidato alla tavola rotonda, per la quale non a caso abbiamo coinvolto, con il coordinamento dello storico Paolo Vidali, un diplomatico come Adriano Benedetti, un rappresentante della Chiesa come mons. Agostino Marchetto, un sociologo come Ilvo Diamanti e un filosofo come Telmo Pievani. Obiettivo principale di questo momento dedicato alla contemporaneità è di mettere in evidenza una tematica che sembra essere relegata alla cultura e alla storia e per questo è quasi totalmente ignorata dalla politica, mentre dovrebbe essere spunto di riflessione, elemento fondamentale per capire l’oggi e le sue dinamiche.
Conoscendo la storia, insomma, possiamo capire molto di quello che avviene intorno a noi.
Guardando al passato o all’oggi, le situazioni vanno collocate nei diversi contesti economici e politici, considerando le motivazioni e le modalità che hanno mosso e muovono milioni di persone. Il tutto senza dimenticare che, comunque, fin dall’inizio della storia dell’uomo gli spostamenti hanno influenzato profondamente l’evoluzione. Non possiamo paragonare in forma secca quello che è avvenuto nei secoli scorsi e quello che avviene oggi; ma ci sono elementi di ieri che possono farci capire quello che vediamo succedere oggi, il perché e le modalità dell’arrivo qui da noi di tanti disperati, che sono una piccola parte di quelli che si muovo in altre direzioni, all’interno dell’Africa e fra gli altri Paesi del Mediterraneo. In questo senso, l’intenzione è che l’Accademia Olimpica offra un’occasione per ragionare su anologie e differenze tra l’emigrazione del passato e quella attuale.
Quali, per esempio?
Il fatto che la prima ondata di gente che se ne andò dall’Italia non era disperata, ma cercava nuovi sbocchi lavorativi. Dalla metà dell’Ottocento, invece, dopo la fine della schiavitù in Brasile, le cose cambiarono: gli stessi proprietari delle fazendas organizzarono viaggi pagati per reperire manodopera, e le agenzie di immigrazione andavano nei paesi più poveri per trovare gente che fosse disposta a partire per sfuggire alla miseria, e finiva in uno stato di semischiavitù. Alla luce di questo, ad esempio, capisci perché nella prima parte dell’Ottocento non trovi emigranti che partissero dal Polesine. C’è, insomma, una spiegazione ai movimenti dalle diverse realtà del Veneto e dell’Italia. E questo vale non solo per i contadini, ma anche per gli operai.
Un’attenzione particolare è stata riservata al coinvolgimento degli insegnanti.
Sì, abbiamo voluto con forza che ci fosse una dimensione aperta anche al mondo della scuola, incentivando gli insegnanti (che avranno un bonus formativo grazie all’Istrevi) ad affrontare queste tematiche con i propri studenti. Quelli che tratteremo sono tanti pezzi di una storia non certo dimenticata, ma che merita di essere tenuta presente, perché è la nostra storia di italiani ed europei, parte di un mondo in cui le migrazioni hanno determinato quello che siamo.